Le Porretane – Novella XIII (Giovanni Sabadino degli Arienti)

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La Novella XIII des Porretane de Giovanni Sabadino degli Arienti est un conte italien du XVe siècle mettant en scène un ancien marin pédéraste, originaire de Florence, qui se confesse à un moine.

Ce récit a été traduit par Roger Peyrefitte et publié en mars 1963 dans la revue homophile Arcadie, sous le titre Facéties porrettanes, Nouvelle XIII.

Texte intégral

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SABADINO DEGLI ARIENTI



L E   P O R R E T A N E





NOVELLA XIII


Bazzo de Piero Anselmuzo, essendo grande tempo non s’era confessato, se confessa; e, per esser caduto nel vizio contra natura, il confessore nol vuole absolvere, e lui il minacia: poi, per paura de esser batuto, diventa piacevol e umano.



Le Vostre Magnificenzie, nobilissima compagnia, debbeno sapere che, quando andai a Parise per satisfare ad uno mio desiderio, come alcuni de vui se ponno recordare, in camino, come accade, presso Lione, citate del re di Franza, presi domesticheza cum uno fiorentino chiamato Bazzo de Piero Anselmuzo, uomo piú che vedesse mai solacevole e compagnone, e stato gran tempo (secundo il dire suo) marinaro; la quale cosa credo fusse vera, perché era uomo piú tosto scandoloso che non, e di poca conscienzia, com’è natura de artifici marini. La quale domesticheza tanto crebbe, che, per l’amore me prese, il condussi a la tornata a Bologna, in casa mia, dove, per presidio de li amici, e maximamente per la reverenda auctoritá de la inclita casa Bentivoglia (essedoli per affinitá e suoi benemeriti deditissimo), el posi de la illustre communitá nostra onorevole provisionato. Inde, perseverando in la presa familiaritá, venne la quadragesima, tempo di penitenzia propinquo a la universale confessione. E, amando io questo Bazzo, poco obediente a li precepti de la Chiesia, come fidele cristiano vòlsi, per caritate del proximo e come optimo amico, dimostrarme amantissimo de l’anima sua, la quale sapeva era gravata de peccati, per essere stato molto tempo e forsi non mai confessato. Onde uno giorno cum gran fatica il condussi al monte fuori de San Mamo, a la chiesia de San Paulo, officiata da’ devoti religiosi del serafo Francesco de observanzia; e, trovato un frate parmesano, religioso de bona doctrina e de bona vita, lo pregai volesse confessare questo mio amico. E, respondendo essere contento, il menai a la sua cella. E ivi postosi a sedere, e costui a’ piedi, confessandose, pervenne al disordinato e flagizioso peccato de la luxuria, del quale adimandandolo il confessore se peccato in epsa commesso avea e cum che generazione de donne, lui respondeva che mai se recordava che a la sua vita avesse peccato cum niuna. Al frate parea cosa incredibile, cognoscendolo per li ascoltati peccati disoluto, che di questo ne fusse tanto continente: onde di novo li dicea : — Figliuolo, pensa bene ed examina la tua conscienzia, se tu dici la veritá. — Rispose: — Misser, quello ve dico è vero. Io credo che, de quello a l’umana memoria possibile sia recordare, me ricordi; e però ve dico che femina non cognobbi giamai. — Per che disse il frate: — L’è una gloriosa virtú che sii stato ne la castitate si continente, ché certo bastato sarebbe se ne l’eremo a la tua vita cum gran fatica dimorato avessi. — A cui rispose el Bazzo: — Missere, voi perdati tempo in ciò adimandarme, ché questo è vero; e non ve ne maravigliati, perché certo non voglio dire me sia dispiaciuto le donne, ma me hanno pur a mirarle stomacato. — A questo respondendo, il frate dixe: — Nel nefando vicio contra natura hai peccato? — Misser sí, — rispose Baccio, — e non tanto peccato ho io per piacere, quanto per seguire il nostro motto fiorentino, che al mio tempo se dicea: « Quando vòi prendere trastullo, usa spesso col fanciullo ». — E circa questo peccato li dixe tutte le circonstanzie; le quale audendo il frate, li venne voglia de ridere. Pur, retenendose per non scandalizarse, dixe: — Questo peccato è tanto oprobrioso e puzulente, che crudelissimamente la divina potenzia offende. E per questo, figliuol mio, l’hai in tal maniera offesa, che al presente non te posso absolvere, ma degli altri sí. Domane retornerai da me, e in questo megio andarò dal vicario del vescovo e pigliarò l’auctoritá de absolverte. — Bazzo, audendo queste parole e avendo del furioso e del compagnone, dixe cum turbata fronte: — Messer, a parlarvi chiaro, non crediate ve voglia aver decto ciò che feci mai, e poi non me vogliate absolvere. Io intendo che non ve partireti de qui, che voi me absolvereti; altrimenti, per la barba de sancto Pietro, che tiene le chiave del cielo, io ve levarò la chierica del cervello cum questo coltello ! — evaginandolo fuori, che avea a lato. Il frate, per li auditi peccati e per l’acto evidente e per la robusta ciera de costui, non fu senza paura, dubitando de qualche scandaloso effecto. Onde, consigliatosi nel secreto animo, come prudentissimo uomo, dixe al Bazzo queste parole: — Figliuol mio, la confessione rechede sopra ogni altra cosa pacienzia e umiltate per remissione de’ peccati: però non te sia fatica l’aspectare un poco, che andarò fin in la biblioteca e vederò in libro de confessione, circa questo gravissimo peccato, la determinazione de li sacri doctori, per absolverte. — A le quale parole acquiescendo el Bazzo, el frate uscie de la cella e andò a chiamare tre altri frati gioveni e gagliardi, narrandoli la insolenzia de questo uomo avea confessato. Dixe che li parería bono e conveniente darli de le fructe de l’asino. Il che a quilli gioveni frati piacendo, ciascuno di loro presto tolse in mano uno grosso bastone, e, andando a la cella dove era el Bazzo, se poseno ivi fuori appresso l’usso. Il quale aprendo quello al bussare, il confessore dixe: — Baccio, vieni fuori, ché io te voglio per tuo contentamento absolvere, avendo molto bene trovato il modo. — Lui, vedendo li frati cum li bastoni in mano e avendo paura de quello li sarebbe intravenuto, se savio non fusse stato, se recommandò cum le braccie in croce a loro; li quali, doppo le debite admonizione e agre reprensione, lo cacciarono via, dicendoli : — Uomo diavoloso, le bastonate te sarebbono piú conveniente per penitenzia, che paternostri. — Andatose adunque via el Bazzo, il confessore, quantunque avesse avuto paura, e non poca, se ne rise assai cum gli altri frati de l’insolente caso occorso. Quale da poi frate Ruberto, de’ predicatori glorioso principe, essendo in pulpito nel magnificentissimo delubro de San Petronio nostro, dove avea mirabile audienzia, predicando de la confessione, a certo proposito recordò; dove li auditori a grandissime rise provocati furono.


I piacevoli casi de la confessione di Bazzo e la proveduta penitenzia de li frati, dignissimo mio signore, detteno materia de ridere molto a la brigata, quantunca d’alcuni gentili fiorentini, e specialmente dal cavaliero Vespucio, splendore de la fiorentina patria, cum piacevole riso fosse increpato il Saliceto per la sua narrata novella, dicendoli: — Gentilomo, voi aveti indiscretamente morduta la nostra nazione, facendola vaga del turpissimo effecto, per el falso motto in la vostra novella narrato, trovandose oggimai per tutto fiorentini. — Inde gli fu resposto: — Gentile cavaliero, vogliati suffrire che questa novella vada per quella del Bocacio da Certaldo, vostro poeta illustre, quando nel suo Decameron cum dolce e singulare facundia inquinò l’onesta fama del nostro muliebre onore, dicendo che la dolceza del bolognese sangue non fu mai de pianti né de suspiri vaga. — A questa risposta ognuno cum viva e ridente voce, accennando cum la mano, dixeno: — Non piú, per Dio: oggimai qualunca sta bene de la sua paga.



Traduction française par Roger Peyrefitte
Facéties porrettanes — Nouvelle XIII


Voir aussi

Source

Le Porretane / Sabadino degli Arienti ; a cura di Giovanni Gambarin. – Bari : Gius. Laterza & Figli, 1914. – [4]-464-12 p. – (Scrittori d’Italia). [P. 67-70]

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